Un mia personale riflessione, che voglio condividere. M.Renzi Autostrade per l’Italia comunica che riprenderanno le attività d’ispezione all’interno delle gallerie ‘Colle Pino’, ‘Fonte da Capo’ e ‘Pianacce’ sull’autostrada A 14 Bologna- Taranto nel tratto al confine fra le province di Pescara e di Teramo. Per questo, a seguito dei sopralluoghi, dalle ore 22 del 30 novembre alle 6 di venerdì 1° dicembre sarà chiuso il tratto compreso tra Pineto e Pescara nord, in entrambe le direzioni, sia verso Pescara/Bari che in direzione Ancona/Bologna. Di conseguenza, saranno inaccessibili le aree di servizio ‘Torre Cerrano Ovest’ e ‘Torre Cerrano Est’ situate nel tratto in cui è prevista la chiusura per il monitoraggio dei tunnel. Nella stessa notte, ma con orario 20 sino alle 6 del mattino verrà disposto il divieto di sosta a tutti i veicoli nell’area di servizio ‘Torre Cerrano Est’. In alternativa Autostrade per l’Italia suggerisce due diversi percorsi. Il primo itinerario verso Pescara/Bari, dopo l’uscita obbligatoria alla stazione di Pineto, suggerisce di percorrere la statale 16 Adriatica per rientrare sulla A14 alla stazione di Pescara nord. In direzione opposta, verso Ancona/Bologna, dopo l’uscita obbligatoria alla stazione di Pescara nord, il percorso alternativo prevede statale 16 Adriatica per rientrare sulla A14 alla stazione di Pineto. Il numero delle comunicazioni diramate dal gestore autostradale ed aventi lo stesso tenore, è divenuto sempre più frequente e nel frattempo il crono-programma degli interventi di manutenzione a cui è interessato il sedime della A14, in un tratto ben più esteso della rete che comprende il segmento Termoli-Porto Sant’Elpidio e viceversa, ha tempi estremamente dilatati rispetto alle originarie previsioni. Probabilmente i disagi continueranno per alcuni anni. Il danno economico e sociale, è enorme e forse di difficile quantificazione. Ci sono comparti, come quello del trasporto mono-modale, che stanno pagando un fortissimo dazio connesso al rallentamento delle percorrenze, ma ovviamente, è l’intero tessuto economico produttivo che risente di questi disagi per non parlare della collettività sociale che vede aumentare i transiti di mezzi pesanti sulle strade ordinarie con danni direttamente proporzionali alle esternalità prodotte da questi traffici in termini di sicurezza, incidentabilità, salute e costi di manutenzione. E il turismo? Abbiamo mai pensato a quanti potenziali turisti rinuncino a visitare i nostri territori a causa di tutto questo? Non si capisce allora perché non si intervenga politicamente con una deroga alle limitazioni sulle misure dei contributi che sono in favore di altre modalità più sostenibili, imposte dalla Comunità Europea. Se, ad esempio, l’attuale Ferrobonus sembra incapace di modificare il livello di competitività tra i diversi modi di trasporto, se non sulle lunghissime percorrenze via treno che oltrepassano i confini alpini, perché non si quantificano i costi ambientali e sociali che sono causati dalla momentanea inadeguatezza dell’infrastruttura stradale-adriatica e si dirottano sui sistemi di trasporto massivi? Ci sarebbero validissime motivazioni per far passare l’autorizzazione ad una siffatta deroga che, in più, potrebbe animare e promuovere l’intermodalità anche per i traffici domestici-nazionali, favorendo un salto culturale per il futuro. Non più un costo da stanziare, ma un investimento. Ad esempio un collegamento ferroviario dal centro-sud fino ad un punto di snodo, capace di consentire al tutto strada di prosegue sia verso il nord-est che il nord-ovest, unito anche ad un’offerta intermodale (elementi scheletrici o noleggi di UTI) che non sia discriminante verso gli operatori che non dispongono di equipaggiamenti intermodali, se adeguatamente supportato con contributi potrebbe intercettare una mole rilevante del traffico cargo. Questa, unita ad un incremento dell’intensità e della frequenza dei collegamenti già in esercizio, potrebbe essere un’operazione politica di grande impatto.