Fonte LaRAGIONE 23.10.
Italia, traguardo nel settore dei trasporti: il “trasporto combinato” supera di due punti percentuali quello convenzionale
Tanto tuonò che piovve. Anche se a piccoli passi, viviamo in un’epoca in cui in Italia il cosiddetto trasporto combinato – utilizzando il meno possibile quello su gomma – ha sorpassato di due punti percentuali quello convenzionale. Un traguardo che per molti anni sembrava più un semplice e scontato auspicio da convegno piuttosto che un vero e strategico obiettivo. Invece questa significativa meta è stata raggiunta, anche se ci sono voluti decenni (qualcuno ricorderà forse l’annosa vicenda dei ‘semplici’ autoporti, poi chiusi e lasciati quasi tutti decadere e riempirsi di sterpaglie, sebbene alcuni di questi abbiano saputo rinascere dalle proprie ceneri come l’araba fenice). Un punto importante sotto molti aspetti: da quello ecologico – inteso in senso di effettivo minore inquinamento ambientale – e della sostenibilità industriale al raggiungimento di una maggior produttività nella rete logistica, oggi sempre più individuata come un fattore chiave di produttività. Un ruolo decisivo in questa rincorsa lo hanno sicuramente giocato – da protagonisti – i moderni interporti, troppo a lungo sottovalutati ma che adesso stanno emergendo a tutto tondo.
Nei confronti internazionali del settore il Belpaese – lungo, stretto e difficile da varcare negli attraversamenti tra l’Adriatico e il Tirreno – non si colloca certamente in buona posizione. Vediamo qualche numero per inquadrare il fenomeno.
In Italia abbiamo quasi 5 milioni e 200mila aziende, per un totale di 19 milioni di addetti. Per monitorare la situazione e suggerire eventuali interventi da fare, Uniontrasporti (la società in house del sistema camerale italiano che si occupa di logistica) ha messo a punto un key performance index (Kpi), un indicatore che permette di dare un punteggio e quindi di effettuare una specie di classifica basata sull’efficienza delle infrastrutture territoriali con un occhio agli aspetti organizzativi, all’efficienza e alla produttività. La situazione nazionale non è rosea. Basti dire ad esempio che in Svizzera il 72% delle merci viaggia su rotaia e solamente il 28% su strada, mentre da noi il treno movimenta appena il 13% delle merci.
A livello territoriale la situazione è migliore nel Nord-Est, soprattutto grazie agli scali adriatici e a una mezza dozzina di interporti che funzionano molto bene e ci mettono anche in collegamento con la Germania, il nostro principale cliente estero. «Per quel che riguarda le esportazioni, il Nord-Est presenta nel complesso una ‘pagella’ ben superiore alla media nazionale e anche a quella dell’area del Nord Ovest» spiega ad esempio il direttore di Uniontrasporti, Antonello Fontanili. «A livello regionale, il Veneto raggiunge il punteggio Kpi più elevato (130,4), di poco superiore a quello del Friuli-Venezia Giulia (129,2): entrambe le aree si avvalgono del Brennero e di Tarvisio».
Quale strategia per il futuro, anche tenendo conto che interporti, trasporti intermodali (nave-ferro-gomma) e aree industriali intrecciano la loro attività in un mix logistico-produttivo che favorisce le nostre esportazioni? Per migliorare la situazione, gli interporti hanno una strada obbligata: integrarsi sempre di più con le aree produttive. Esemplare in tal senso la situazione di Trieste, che sta sfruttando anche la sua zona franca. E pure Pordenone si muove seguendo una strategia sinergica con l’industria.