Fonte: Intermodale24-rail.net
Sulla base dei primi numeri relativi ai risultati di traffico comunicati dagli operatori del trasporto ferroviario, l’anno 2023 conferma l’aggravarsi della battuta di arresto per il sistema della ferrovia merci in Europa che già si era manifestata nel 2022. In particolare sembra essere molto colpito il settore del trasporto combinato. HUPAC ha dichiarato di aver avuto nel 2023 un calo complessivo nel numero delle spedizioni del 11,7% (-7,6% per il traffico transalpino attraverso la Svizzera), mentre KOMBIVERKEHR denuncia un calo medio del 15,9%, più elevato (-17.5%) nel traffico internazionale e più contenuto (-10,1%) nel domestico in Germania.L’associazione italiana Fermerci ha stimato una riduzione del 3,2% in termini di treni*km effettuati sul territorio italiano. Il dato non è direttamente raffrontabile con quelli del paragrafo precedente, in quanto non c’è collegamento fra treni*km e numero di spedizioni o tonnellate effettivamente trasportate.
Anche se i dati definitivi delle annate vengono pubblicate dal MIT nel Conto Nazionale dei Trasporti nel secondo anno successivo, e quindi anche per il 2022 si può fare ancora solo riferimento a stime, la situazione del 2023 appare comunque molto critica.Una stima attendibile per il 2022, ricavata con un modello verificato su dati definitivi delle annate precedenti, utilizza il dato di HUPAC, che è uno dei più rappresentativi attori del trasporto internazionale combinato in Europa. Hupac aveva dichiarato per il 2022 sulla sua rete europea un calo medio del -1,8% rispetto al 2021, con un risultato peggiore (-2,9%) per il corridoio nord-sud che interessa l’Italia. In questo caso, la quota modale della ferrovia in Italia potrebbe in proiezione attestarsi per il 2022 al 11,29% rispetto al 11,64% (reale) del 2021. Per il 2023, se adottiamo lo stesso punto di vista e consideriamo il calo del -7,6% dichiarato da Hupac nel segmento transalpino che riguarda maggiormente l’Italia, la quota modale della ferrovia in Italia potrebbe attestarsi per il 2023 al 10,4% nell’ipotesi che il volume complessivo del trasporto merci sia rimasto equivalente fra 2022 e 2023. Un valore che, se confermato, ci riporterebbe ai livelli del 2019 o addirittura precedenti il 2012.Al contrario, per quel che riguarda il trasporto merci su strada, il Report IV trimestre 2023 dell’ “Osservatorio sulle tendenze di mobilità di passeggeri e merci” presso il MIT indica una crescita sul 2022 di circa il 2,5% (in numero di veicoli viaggianti) con buona performance del trasporto su autostrade, quindi legato prevalentemente alle lunghe distanze.
La difficoltà di garantire un livello adeguato di servizio da parte del sistema ferroviario si sta quindi traducendo realmente nell’inversione del trasferimento modale più volte denunciata dalle Associazioni di settore, con operatori che trovano oggi più conveniente ritornare alla strada ritirandosi dalla ferrovia.
I fattori che penalizzano il traffico ferroviario sono ormai ben noti: dall’instabilità dei flussi conseguente le crescenti tensioni geopolitiche in aree che incidono sull’economia europea (guerra Russo-Ucraina, attacchi nel Mar Rosso), alla riduzione della capacità della rete ferroviaria legata ai massicci lavori di manutenzione e rinnovo delle linee, in Italia ma soprattutto in Germania.Inoltre nella seconda metà del 2023 hanno pesato moltissimo le interruzioni dei valichi ferroviari del Frejus e (parziale) del tunnel di base del Gottardo, che avranno ripercussioni importanti anche per buona parte del 2024. E a migliorare le prospettive non aiuta certo il pasticcio della regolamentazione europea sui pesi e misure dei veicoli stradali, approvata lo scorso 14 febbraio dal Comitato Trasporti e Turismo del Parlamento Europeo senza sostanziali modifiche rispetto alla proposta, nonostante le fondate opposizioni sollevate dai rappresentanti del trasporto ferroviario merci.
D’altra parte anche le politiche dei trasporti degli Stati non stanno facendo nulla per salvaguardare la sopravvivenza degli operatori ferroviari. Non basta infatti investire fondi per migliorare l’infrastruttura se nel frattempo il numero dei clienti si riduce, per non dire del caso tedesco che mentre da un lato intralcia il traffico con i cantieri di manutenzione (rimandati da troppi anni e ora da avviare tutti insieme), dall’altro taglia i fondi per nuovi lavori di mantenimento e potenziamento delle linee.Sembra quindi che nonostante le grandi ambizioni della politica, europea e nazionale, per il potenziamento della ferrovia nell’ottica della sostenibilità ambientale e sociale, nella realtà dei fatti prevale invece una grande disattenzione e una visione di corto respiro, incapace di comprendere le conseguenze delle azioni avviate, ma anche del non avviare quelle che sarebbero necessarie.
Le imprese ferroviarie e gli operatori di logistica ferroviaria stanno facendo del loro meglio per ottimizzare l’uso delle risorse e per riorganizzare l’offerta in modo che sia il più possibile affidabile per il cliente, ma anche all’ottimizzazione c’è un limite, oltre il quale i servizi non sono più economicamente sostenibili.
Se alla politica interessa veramente togliere camion dalla strada, è il momento di dimostrarlo.