Fonte IlSole24Ore 07.07.
Gli operatori chiedono un fondo per compensare le perdite economiche
Esplode il caso dei treni merci, messi in crisi dal proliferare di cantieri lungo i binari. Il potenziamento della rete ferroviaria nazionale, finanziato anche con i fondi del Pnrr, se in futuro consentirà di migliorare le prestazioni, nell’immediato ne limita fortemente l’uso, rischiando di causare danni permanenti al settore cargo.
Nel2026, termine di fine lavori delPnrr, potrebbero esserci meno operatori attivi sul mercato, vanificando lo sforzo degli investimenti e con il rischio abbandono della ferrovia da parte della clientela. A tutto vantaggio dell’autotrasporto.
L’allarme è risuonato direttamente in Parlamento, durante una serie di audizioni in commissione Trasporti del Senato.
Lo hanno lanciato, pochi giorni fa, Assoferr (associazione operatori ferroviari e intermodali) e Fermerci (compagnie pubbliche e private del trasporto ferroviario merci) a nome di tutta la logistica ferroviaria italiana. Assoferr e Fermerei, assieme a Fercargo, avevano già scritto una lettera al riguardo al ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini.
Il problema, secondo le compagnie dei treni merci, è rappresentato dai 4 mila cantieri aperti negli ultimi mesi da Rfi (Rete ferroviaria italiana, società capofila del polo infrastrutture del Gruppo Fs) per adeguare agli standard europei le linee ferroviarie italiane. Rfi, ammettono gli operatori, sta gestendo al meglio la fase di pianificazione. Tuttavia, i lavori stanno causando forti disagi a un settore già fortemente penalizzato dalla pandemia, dal costo energetico e dalla guerra in Ucraina. «Serviva forse un maggiore coordinamento con gli operatori per evitare precarietà e disagi» dice il presidente di Assoferr, Armando de Girolamo. Per questa ragione, le associazioni chiedono al governo di creare con urgenza un fondo complementare a sostegno delle imprese ferroviarie del trasporto merci colpite dagli effetti dei cantieri Pnrr.
Fermerci, in particolare, fornisce al Sole 24 Ore alcune cifre. Il Pnrr assegna al Mit ( ministero Infrastrutture e Trasporti) 61,5 miliardi di spesa, di cui 24,7 destinati agli interventi sulla rete ferroviaria, incrementati fino a 36,6 miliardi dai fondi stanziati tramite il piano complementare al Pnrr. Per le imprese del cargo ferroviario, il tutto si traduce in 3 mila giorni di indisponibilità di linea solo per l’anno 2023, mentre per l’anno 2024 ne sono stimati, al momento, altri 2.900. Il dato è la somma del numero dei giorni di interruzione di programmati sulle singole tratte o nei singoli nodi ferroviari, con il relativo impatto sulla capacità per il settore merci.
Qualche esempio: nel nodo di Genova, nel corso dell’anno, sono già stati programmati da Rfi 250 giorni di interruzione di linea; tratta Genova Ovada: 30 giorni; RivaltaTortona:365 giorni; AlessandriaPiacenza:75 giorni; Lecco-Tirano: 90 giorni;Vercelli Pavia: 90 giorni; TrentoBassano:60 giorni; Treviso-Montebelluna: 90 giorni; BolognaFirenze:90 giorni; Roma-Cassino:38giorni; Battipaglia-Reggio Calabria:120 giorni.
Gli operatori chiedono ristori Commenta Giuseppe Rizzi, direttore di Fermerei (tra gli associati ci sono Mercitalia, Hupac, Medway, Gts Rail, gruppo Autobrennero): «Le restrizioni della capacità della rete impattano sui servizi svolti dalle imprese ferroviarie e si traducono in cancellazioni e deviazioni di treno: le prime comportano un mancato fatturato mentre dalle deviazioni scaturiscono extra costi. Inoltre, le interruzioni più lunghe riguardano soprattutto le tratte ferroviarie del Nord, proprio dove si registra il maggior flusso di treni merci in Italia ». Nella nuova delibera dell’Autorità di regolazione dei trasporti(Art), che regola il pedaggio di accesso all’infrastruttura ferroviaria, sono presenti delle misure che, in parte, possono mitigare gli impatti negativi delle interruzioni causate dai lavori. Però, secondo le imprese, è una misura ancora insufficiente e per questo chiedono al governo un fondo ristori.
Chiude de Girolamo: «Si rischia il collasso alla fine del 2026. Già ora assistiamo a continui ritardi e blocchi in particolare sulla Tirrenica e dal 2024 la situazione sarà ancor più negativa e certamente coinvolgerà anche l’Adriatica. Dobbiamo evitare che la clientela abbandoni il servizio ferroviario. Come possiamo parlare di quote europee di shift modale -afferma de Girolamo -quando è grande la possibilità di perdere l’attuale quota delle merci trasportate via ferrovia. Dopo la resilienza dimostrata in questi ultimi anni, abbiamo necessità di avere tutele importanti da parte dei nostri interlocutori politici, questo non come mera richiesta di contributo a favore delle imprese, ma per consentire il mantenimento del sistema per l’auspicato ulteriore trasferimento delle merci dalla strada alla ferrovia, obiettivo sia del governo italiano sia dell’Europa».